D'un alto monte onde si
scorge il mare
miro sovente io, tua
figlia Isabella,
s'alcun legno spalmato in
quello appare,
che di te, padre, a me
doni novella.
Ma la mia adversa e
dispietata stella
non vuol ch'alcun
conforto possa entrare
nel tristo cor, ma, di
pietà rubella
la salda speme in pianto
fa mutare:
ch'io non veggo nel mar
remo né vela
(così deserto è
l’infelice lito)
che l’onde fenda o che la
gonfi il vento.
Contra Fortuna allor
spargo querela,
ed ho in odio il
denigrato sito,
come sola cagion del mio
tormento.
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