Venne la sera ed il camino
arse.
intorno al fuoco,
a semicerchio immobili
chiusi di nero e senza voce,
gli uomini.
Sopra una sedia il cane
dormiva arrotolato,
e in una stanza il morto
attendeva l’aurora
per navigare sul dolore
umano.
D’un tratto il cane ringhiò
lieve;
sugli uomini,
come sugli ulivi sotto le
stelle,
fu una pausa di vento.
“Sogna” – dissero in coro
a toni bassi
quelle ombre nerissime
e non si mossero.
Silenzio di preistoria nel
villaggio.
Il cane ringhiò più forte,
e gli uomini si volsero.
Aveva gli occhi aperti,
e trafiggeva il buio
dell’ingresso.
“Così faceva – commentò una
voce –
quando rientrava tardi il
suo padrone”
“Che non lo veda? – dissero
altre voci.
Il legno esplose tra le
fiamme, un rombo vago
discese dal camino, un gallo
cantò lontano e il vento
alto sui tetti un attimo
passò.
Ebbe la casa un lieve
crollo, l’aria
rabbrividì, ma gli uomini
più immobili di prima
e il fuoco ardeva.
Ecco,
ora il cane spicca un salto,
corre, scompare, uggiola nel
buio dell’ingresso,
e gli uomini,
ombrelli che si aprono sotto
la pioggia senza rumore
si levarono in piedi,
si mossero in lenta
processione da giorno delle Ceneri
divennero le ombre in fondo
a un pozzo
con riflessi di luna.
“Così, proprio così” –
pensava ognuno,
e facevano cerchio intorno
al cane
che uggiolava più in fretta
saltellava
vicino a lui, vicino a lui,
(non c’era dubbio)
al morto che ritornava
con l’impalpabile rugiada
dell’eternità sulle spalle
che avevano ancora il
peso della terra.
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